L'eccidio di Falcade nel ricordo dei sopravissuti

Da il 21 agosto 2009

Questo articolo è già stato letto 3153 volte!

chiesettapellegrinoblog.jpgSono trascorsi 65 anni dal rastrellamento nazi – fascista che interessò il passo S. Pellegrino coinvolgendo gli abitanti di Moena e Soraga. Una data passata sotto tono ma non certo dimenticata dai testimoni, ancora viventi, che hanno vissuto sulla propria pelle quei tristi avvenimenti. Era il 20 agosto del 1944 quando le truppe tedesche circondarono la chiesetta del passo S. Pellegrino, dove la gente di Fassa si trovava per la Messa domenicale. Era tempo di fienagione e buona parte degli abitanti era impegnata nel lavoro di sfalcio nelle praterie d’altura. Sul sagrato, come ricorda Giovanni Chiocchetti, testimone oculare, i soldati separarono gli uomini dalle donne, gli anziani e i bambini. L’obiettivo era di individuare i combattenti partigiani che ultimamente si erano fatti vivi sulle montagna di Lusia. Sotto scorta circa 70 prigionieri furono condotti a Falcade, nella valle del Biois e ammassati come sardine nel garage dell’Hotel Focobon. Il mattino del 21 agosto i prigionieri, a cui se ne erano aggiunti altri provenienti da zone diverse, furono sottoposti a un giudizio sommario. Secondo le testimonianze degli scampati otto furono le persone accompagnate fuori dal paese e poi fucilate. Tra questi c’era Ettore Felicetti, reo di possedere un fucile nella sua casa di Fango, a pochi chilometri da Moena e il fotografo di Predazzo Aldo Vanzetta, partigiano dichiarato. Tutti gli altri uomini furono incolonnati e sotto scorta condotti a Predazzo attraverso il passo Valles. Il giorno successivo su un carro bestiame della vecchia ferrovia i prigionieri giunsero a Bolzano per essere poi trasferiti in Germania. Molti sono gli aneddoti che accompagnano quei tragici fatti. Andrea Chiocchetti, che nonostante l’età ha un’invidiabile forma fisica e una memoria perfetta ricorda come riuscì a fuggire nel bosco durante il trasferimento a Falcade. Un certo Pellegrini di Soraga aveva due figli che combattevano a fianco dei tedeschi in Germania e questo fatto gli permise di riavere la libertà. Furono persone di buona volontà come il sindaco di Moena Giovanni Defrancesco e il sindaco di Vigo a recarsi a Bolzano per ottenere la liberazione dei prigionieri di Fiemme e Fassa. Fu un lavoro duro ma l’8 settembre uno sparuto drappello di uomini cenciosi e dal capo rasato riguadagnarono non senza difficoltà la montagna passando da Pietralba dove trovarono una cristiana accoglienza e la possibilità di avere del pane per continuare il cammino verso casa.

About Gilberto Bonani

Corrispondente giornali Trentino, Vita Trentina e Avisio

Commenta

L'indirizzo email non verrà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

È possibile utilizzare questi tag ed attributi XHTML: <a href="" title=""> <abbr title=""> <acronym title=""> <b> <blockquote cite=""> <cite> <code> <del datetime=""> <em> <i> <q cite=""> <strike> <strong>

Questo sito fa uso di cookie per migliorare l’esperienza di navigazione degli utenti. Proseguendo nella navigazione si accetta l’uso dei cookie; in caso contrario è possibile abbandonare il sito. Ulteriori informazioni | Chiudi