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Sono i giovani appassionati di freeride di “Follow The White Van” (Segui il furgone bianco), “web series” che ha visto, un paio di settimane fa, la realizzazione della puntata pilota in Val di Fassa ad opera del regista Tomas Mendini, trentatreenne di Campitello. La puntata dal titolo “Where we can” (appena pubblicata su youtube) in poche ore ha raggiunto, mille visualizzazioni, segno che i freerider, e non solo, apprezzano format e taglio della serie (in una decina di puntate), ideata dalla casa produttrice trentina GiUMa per raccontare al pubblico del web le più belle località dell’arco alpino dove si pratica il freeride.
Certo, le spettacolari riprese degli sciatori in piena azione sul tracciato della parete Nord del Col Margherita così come i panorami dolomitici che si scorgono in ogni scena, incollano letteralmente al video e sono un ottimo promo per i prossimi “episodi”. Ma “Follow The White Van” si propone, come sottolinea Mario Barbieri della GiUMa, anche di diffondere un messaggio sulla sicurezza in montagna, aspetto da tenere in grande considerazione da chi fa freeride. Per questo, in ogni puntata, ci sono dei “locals” (esperti del posto) che forniscono importanti informazioni ai ragazzi trentini del “furgone bianco”.
Nella “pilota” del San Pellegrino, a spiegare la nascita del primo “tracciato freeride controllato” d’Italia (aperto solo quando condizioni meteo e di innevamento lo permettono, grazie alla collaborazione con il Centro di Addestramento Alpino della Polizia di Moena, il comune moenese e la società Funivia Col Margherita spa) è Renzo Minella, responsabile marketing della skiarea Trevalli, mentre “l’apripista” è Denis Battisti, 19 anni freestyler-pro di Pera di Fassa.
La serie (low cost) è studiata per il web, ma non rinuncia alla qualità. Per realizzarla GiUMa si avvale di tre giovani registi di talento, tra cui Mendini. Ci sono voluti una giornata di riprese e tre di montaggio, per i nove minuti dedicati al Col Margherita Freeride Park. «Una lunghezza adatta – spiega Mendini – a narrare una storia di sci, non solo con immagini e musica, ma anche parole, specie dei “locals”».