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Per secoli sono state riparo per l’uomo quando saliva in quota. Poi hanno conosciuto un lento e progressivo declino. Ora sono tornate al centro dell’attenzione e di forti interessi immobiliari. Parliamo delle baite, “i baic da mont”, le costruzioni in legno e pietra che punteggiano i pascoli alpini. «In passato – spiegano al telefono le agenzie immobiliari delle due valli – erano snobbate. Ora si affittano come un appartamento. Se poi il proprietario vuole vendere non esiste un prezzo di mercato: vige solo la legge della domanda e dell’offerta». La ristrutturazione delle baite è onerosa, spesso bisogna portare materiali e maestranze su strade sconnesse e lontano dai paesi di fondovalle. Ma il pericolo più grande è quello di trasformare in chalet le minuscole costruzioni in legno eludendo ai vincoli edilizi. La Provincia ha emanato disposizioni a salvaguardia del patrimonio edilizio montano esistente. Ogni comune dovrebbe dotarsi di un “piano baite” una variante al piano regolatore (Prg)con lo scopo di disciplinare la manutenzione ed il recupero delle architetture tradizionali di montagna per salvaguardare il patrimonio culturale di valore storico ed evitare alterazioni del paesaggio. In Fiemme e Fassa le scelte delle amministrazioni sono state differenti. Il comune di Moena ha fatto censire le baite sul suo territorio (prevalentemente nell’Alpe Lusia e valle di S. Pellegrino). Un lavoro attento su 186 costruzioni costato 20mila euro. La stesura della pratica è stata affidata al personale dell’ufficio tecnico poi il piano è passato in consiglio comunale. Per ogni edificio sono specificate le opere di risanamento conservativo possibili. Ora tutto è al vaglio del CUP, cioè il comitato urbanistico provinciale. Predazzo ha seguito un iter analogo. Ha censito le baite contando sulla professionalità dell’architetto Annalisa Guadagnini e affidato all’architetto Luca Eccheli il compito di elaborare la quinta variante al prg. Il piano (costo netto di 35mila euro)ha analizzato circa 390 baite tra Bellamonte, Feudo, Coste e altre zone. Poiché 14 consiglieri su 17 erano incompatibili, per avere direttamente o indirettamente interessi sulla materia, il consiglio comunale dovrà affidare il compito di valutare il piano e di approvarlo a un commissario “ad acta”, nominato dalla Provincia. Il comune di Campitello e di Pozza invece hanno seguito un procedimento diverso detto “piano attuativo”, deroga consentita dall’ufficio urbanistico della Provincia in base ai piani regolatori già approvati dai due comuni rispettivamente nel 2002 e nel 1998. Accanto al censimento di ogni baita è stato stilato un piano globale, in cui si prevedono anche interventi pubblici come viabilità e servizi. Il comune di Campitello ha censito 216 baite, quasi tutte presenti in Val Duron con un costo di 54mila euro. Il piano attuativo è stato deliberato una prima volta dal consiglio comunale poi, a seguito delle osservazioni della Provincia, dovrà essere vagliato una seconda volta dai consiglieri. Anche Pozza ha seguito la stessa modalità di Campitello. Dopo il censimento(220 baite dislocate solo in val S. Nicolò), è stato redatto dall’ingegnere Francesca Gherardo il piano attuativo (costo totale di 126mila euro)approvato in via definita dal consiglio comunale. Visto il valore immobiliare crescente delle piccole costruzioni in legno, i Comuni sono chiamati, nel prossimo futuro, a una verifica attenta dei cantieri. E’ facile infatti approfittare dell’occasione per allargare il sedime o snaturare la tipologia di costruzione. C’è poi il problema della viabilità, acque nere e approvvigionamento di energia. Tutti fattori che potrebbero modificare profondamente l’aspetto delle piccole valli alpine e danneggiare l’ecosistema.